Ad Assolo, paese di poco più di 300 anime sulla via che dalla Marmilla porta prima a Laconi e poi sul tetto della Sardegna, la Barbagia, sono tante le persone che hanno lasciato la propria terra per emigrare: tra queste vi sono Giorgio, che partì in Lombardia; Giovanni, in Germania; Bruna, prima a Roma e poi a Milano. Il tempo trascorso lontano dal paese non è stato tuttavia sufficiente a far dimenticare loro i saperi antichi della medicina popolare e de sa mexina de s'ogu (la medicina dell'occhio).
Nel corso degli anni sono stati in tanti ad averlo imitato, ma la sua ricetta contiene un ingrediente segreto che la rende unica nel suo genere. Giorgio, allevatore di cavalli nella zona di Varese, dovette combattere per lungo tempo contro un'artrite alla spalla che si procurò mentre si occupava dei puledri. Un giorno un suo collega siciliano, anch'egli conoscitore della medicina popolare, gli mostrò dove trovare le bacche dell'asparago del serpente (su sparau caoru). Una volta rientrato in Sardegna, l'unguento realizzato con i frutti di questa pianta è diventato la specialità di Giorgio. Le bacche, raccolte tra luglio e novembre (assicurandosi sempre di non raccoglierle tutte, per non compromettere la vita della pianta), vengono spremute e trattate con un massaggio sulla parte interessata dall'infiammazione.
Giovanni invece, dopo tanti anni di lavoro come operaio negli stabilimenti della Volkswagen nella Ruhr, ha smesso di praticare la medicina popolare, ma ricorda ancora perfettamente le ricette di sua madre. Seduto nella sua vecchia casa, con la moglie di Düsseldorf, mescolando senza soluzione di continuità il sardo, l'italiano e il tedesco, fa un excursus sui metodi miracolosi per affrontare il mal di testa, su tutti is scucchettas: un impasto di farina fine, non troppo molle, da applicare sulle tempie, finché non cade.
Bruna ha invece acquisito il dono della medicina dell'occhio dalla madre anziana. Questa, ormai impossibilitata ad esercitare, è stata per decenni un punto di riferimento per tutto il paese. Bruna, dopo diversi decenni trascorsi nel nord Italia senza aver mai manifestato interesse per il rituale, scoprì la vocazione qualche anno dopo aver fatto ritorno ad Assolo. Da allora ereditò la funzione sociale di sua madre, e oggi da tutto il paese e dal circondario, alcuni anche più volte al giorno, invocano il suo intervento benefico.
Solo una foto è sufficiente per poter procedere col rito: poi acqua, sale e delle formule recitate a bassissima voce, inintellegibili, e ogni male viene cancellato. Nel cassetto della cucina di Bruna vi è una scatola di scarpe piena di fotografie tascabili che ritraggono chi negli anni si è affidato a lei. Spesso sono i familiari a lasciarle in custodia le foto, cosicchè con una telefonata o un semplice messaggio possono richiedere il suo intervento.
Non soltanto le persone, ma anche gli animali domestici, le greggi, persino le vigne, i frutteti e i terreni da arare vengono "protetti" dal malocchio. A questo proposito Don Giovanni Usai, l'ex parroco di Assolo, racconta la storia di Tullio Perra, noto "stregone" del paese: egli percorreva all'alba, per tre volte, senza essere visto da nessuno, il perimetro di quei terreni colpiti dal malocchio. Era sufficiente recitare a bassa voce il Padre Nostro nel corso del rituale, e gli uccelli del malaugurio sarebbero stati allontanati.
Don Usai è un vero studioso della medicina dell'occhio, un rappresentante del mondo sacro che investiga sul profano. Sarebbe una contraddizione in termini ma, come suggerisce egli stesso, la mexina de s'ogu, come la preghiera, si affida di fatto al medesimo potere: quello della parola come gesto curativo.
Ancora oggi ad Assolo, nonostante i progressi della scienza medica e della comunicazione, il potere curativo espresso attraverso la parola e le conoscenze popolari assume un grande valore e fascino, non solo per gli abitanti del paese.